Cucina, vivande e riscaldamento

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Nella seconda parte del percorso si ricostruisce il momento del pranzo: un soldato che attende di mangiare è seduto con la sua gavetta, a fianco della cucina da campo.

Questa rara cucina da campo è stata recuperata in una casa a Pellizzano, veniva usata durante la guerra per riuscire a cucinare per il maggior numero di soldati possibili.
Venne chiamata spiritosamente “Goulash cannon”, perché aveva la capacità di produrre “a raffica” moltissime porzioni di cibo per sfamare i soldati.

La cucina da campo era di importanza fondamentale per la vita quotidiana, perché poteva essere trainata e spostata dove necessario e grazie ai cinque pentoloni aveva la capacità di sfamare circa 250 soldati.

Nutrirsi e ripararsi dal freddo erano necessità primarie. In situazioni dove non si poteva usufruire di una grande cucina, si faceva ricorso a piccole stufe a legna – come quelle esposte – indispensabili per la sopravvivenza ad alta quota. Scaldavano e permettevano di preparare i pasti e soprattutto scioglievano la neve per poter disporre di acqua, che a quelle quote non è mai disponibile a causa del costante congelamento.

Il museo riserva un’area anche agli strumenti per la cucina: vari contenitori per il cibo, un mestolo ricavato da una scatoletta su un grande pentolone, le prime scatolette di carne conservata – risalenti al 1916-1917 – aperte come si poteva, alcune persino con la baionetta; una delle prime pentole a pressione che veniva usata per facilitare la cottura ad alte quote.

Tra queste si distingue una stufetta piccola e quadrata, molto leggera e cernierata su tutti i lati in modo da poter essere facilmente trasportabile, non in ghisa ma in lamiera leggera quindi sicuramente meno efficace nel riscaldamento, ma più semplice da trasportare e posizionare ovunque.